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Cinegrafie dell’ Altro — Carmelo Marabello, “Sulle tracce del vero”

Strana scienza, l’antropologia. Inclassificabile, nelle sue declinazioni, tanto materialisticamente disciplinata nei saperi e nelle pratiche quanto creativamente indisciplinata negli sviluppi e negli esiti. Uno stato variabile, se si vuole, dentro cui però sembra essere sempre rimasta una costante, l’ Altro: come oggetto, come soggetto, come evento. In qualsiasi campo, in quasiasi pratica.

In Sulle tracce del vero. Cinema, antropologia, storie di foto (Bompiani), l’autore, Carmelo Marabello – fra le altre cose, docente di Antropologia Culturale e Storia tecnica degli audiovisivi presso la facoltà di Design e Arti dell’Università di Bolzano ed ex curatore e autore di Fuori Orario per Rai 3 – offre al lettore italiano un’opera rara, bella e difficile, che nel suo occuparsi e studiare determinate implicazioni e rappresentazioni visuali dell’alterità, a partire dai classici dell’etnografia fino all’India filmata da Rossellini, presenta una personale lettura antropologica dell’immagine fotografica e cinematografica di brani importanti dell’antropologia visuale in generale e di certo cinema in particolare, iscrivendo il tutto dentro una accuratissima ricostruzione storico-culturale.

Strutturato in sei capitoli (Sulla soglia delle immagini; La scienza del pittoresco; Balinese las meninas. Di Gregory Bateson e Margaret Mead; Diorami di Claude Lévi-Strauss; Splendori del vero. Di Jean Rouch e Roberto Rossellini; L’immagine glossa), il poderoso studio di Marabello articola un numero impressionante di argomenti tanto da creare una fitta trama intertestuale di sovrapposizioni, echi, sviluppi interni – in questa, forse, favorito dall’uso di una scrittura barocca capace di regalare passaggi mirabili. Parafrasando il titolo di un’opera di un grande antropologo britannico, per Sulle tracce del vero si potrebbe parlare di una vera e propria “foresta di idee”.

Detto ciò, si possono comunque delineare alcuni dei percorsi tematici di questa ricerca, fra quelli che l’attraversano totalmente. Qui, se ne provano ad evidenziare due, uno a carattere generale, l’altro più particolare, allo stesso tempo intersecati e consequenziali. Il primo è senza dubbio la definizione e lo sviluppo di una funzione di base dell’alterità nel suo rapporto con quello che Marabello definisce “il vero”, dentro i parametri del mondo registrato: una relazione in cui l’alterità stessa, attraverso i meccanismi e gli apparati di riproduzione/manipolazione dell’immagine, si configurerebbe come la ben nota antropologica “modalità congiuntiva” del reale, il come se delle cose, modificando strutture e senso delle rappresentazioni osservate. Il secondo percorso riguarderebbe la lettura dei materiali audiovisivi presi in esame dallo studioso, materiali che occupano la gran parte delle riflessioni rispetto al resto. Ognuno di essi viene ricondotto da Marabello alle dinamiche che ne costituiscono lo statuto di oggetto culturalmente pensato e fabbricato, e da qui analizzato nella sua singolarità, contestualizzato nella sua storicità, ri-formulato nella sua interattività. Dal cinema di Ernest Schoedsack a quello di Jean Rouch, passando per Robert Flaherty o Paul Fejos, oppure per il concetto capitale del pittoresco e i diorami lévistraussiani: nella prospettiva antropologica, e dunque di un scienza dell’esperienza dell’alterità, Sulle tracce del vero restituisce a pieno ai film il loro proprio “corpo multisituato”, oltre la metafora del testo, come estensioni del fieldwork, invenzioni del set, archivi dei gesti, cinegrafie dell’Altro.

Pubblicato su Alias, 6 ottobre 2012